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Albert
Camus,
La commedia dei filosofi
Antonio Castronuovo pag.
36, ISBN
978-88-6226-040-4
Euro
4,00 (ESAURITO)
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IN
SINTESI |
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Una sua breve pièce teatrale inedita in Italia del premio nobel Albert Camus nel cinquantennale della scomparsa. Con uno stile volutamente molièriano, Camus ironizza causticamente sul mondo esistenzialista e ideologizzante egemone nella cultura francese del secondo dopoguerra.
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UN ASSAGGIO |
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«Ecco, signor Vigna, quel che dovevo dirvi oggi. Vi servirà ancora qualche settimana per penetrare nell’intimità di questa sapienza. Ma per ora siete fornito di alcuni principi netti e ragionevoli, che vi permetteranno di progredire verso la perfezione, di condurre la vita come dev’essere per esserlo rettamente, e d’intervenire in quella degli altri al meglio dei vostri interessi. In poche parole, a partire da oggi non c’è nulla che non vi sia impossibile».
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L’AUTORE
Albert Camus nasce in Algeria, a Mondavi, oggi Deraan, il 7 novembre 1913 in una famiglia francese povera che, alla morte del padre, si trasferisce ad Algeri. Qui vive a contatto con la realtà umana degli arabi e dei francesi pied noir. Di studi brillanti, ottiene una borsa di studio per l’università dove, pur avendo contratto la tubercolosi, riesce a laurearsi in filosofia nel 1936. La passione politica lo fa iscrivere al partito comunista, presto lasciato per divergenza d’idee. Per sostenersi fa i più diversi lavori, approdando infine al giornalismo. Esordisce nel 1937 con le prose liriche Il rovescio e il diritto; appassionato di teatro fonda una compagnia d’ispirazione marxista per la quale scrive il dramma Rivolta nelle Asturie (1935), la cui rappresentazione viene vietata. Del 1938 è l’opera teatrale Caligola, del 1939 i saggi raccolti in Nozze. Nel 1942 pubblica Il mito di Sisifo, massima espressione del suo pensiero sull’assurdità dell’esistere, e il romanzo Lo straniero, uno dei capolavori della letteratura del Novecento. Si trasferisce a Parigi, dove è segretario di redazione al «Paris-Soir» ed entra nella cellula partigiana Combat, scrivendo per l’omonimo giornale clandestino. La sua posizione politica si attesta fuori da ogni ideologia, a favore dell’unità delle genti. Nel 1946 è negli Stati Uniti per alcune conferenze; al rientro a Parigi conclude La peste (1947) e poco dopo il famoso saggio filosofico L’uomo in rivolta (1948, edito nel 1951), che solleva molte polemiche e segna la frattura ideologica con Sartre. Seguono I giusti (1950), L’estate (1954), La caduta (1956) e L’esilio e il regno (1957). Nel 1957 gli viene assegnato il Premio Nobel per la letteratura: a Stoccolma pronuncia i famosi Discorsi di Svezia. Col premio acquistò una casa in Provenza: è al rientro da lì a Parigi che il 4 gennaio 1960, in automobile col suo editore Michel Gallimard, muore in un grave incidente. Postumi hanno visto la luce I taccuini e i due romanzi incompiuti La morte felice e Il primo uomo.
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