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Collana «Acquamarina»
volumetto n° 36



Gertrud  Kolmar, Metamorfosi
Traduzione e cura di Stefania Stefani

 pag. 36, ISBN 978–88–6226–021–3

Euro 4,00
IN SINTESI

Quindici poesie in nuova traduzione della poetessa ebrea uccisa ad Auschwitz esemplificative della sua lirica pervasa dalle suggestioni per le forze primitive della natura e per quelle non meno cogenti della sensualità femminile.


UN ASSAGGIO

«E quando allora sarò soltanto un sommesso sciabordio
sulle pallide coste,
nel primo mattino d’un giorno d’inverno, farò poi rotolare
il freddo sarcofago d’argento
dell’eterna morte:
dentro, sottile e delicato come
le ragnatele, il mio volto
intorno all’angolo appena s’aggira,
palpitando appena si muove, sorridendo si scolora
e senza tormenti in un alito si disperde.







L’AUTORE

Gertrud Kolmar, pseudonimo di Gertrud Käthe Sara Chodziesner, nasce a Berlino il 10 dicembre 1894 in una famiglia dell’alta borghesia ebraica assimilata: il padre Ludwig è avvocato e la madre Elise Schoenflies, pianista, si occupa di Gertrud e dei fratelli Margot, Georg e Hilde. A causa dell’inflazione e dell’inasprirsi delle leggi razziali, i debiti travolgono i Chodziesner, costretti a frequenti traslochi. Dopo la scuola femminile, studia inglese, francese e russo; lavora come insegnante, interprete e istitutrice, viaggiando a Parigi e Digione. L’aborto nel ’17, su imposizione della famiglia per risolvere l’amore per l’ufficiale Karl Jodel, tedesco e già sposato, la induce persino a tentare il suicidio. Per consolarla, il padre intercede presso l’editore ebraico Egon Fleischel, che nel Natale ’17 pubblica Poesie: è l’esordio come ‘Gertrud Kolmar’. Per il resto, la sua vita berlinese scorre in seno alla famiglia, dove torna nel ’28 per assistere fino alla fine la madre malata di cancro, e dove vivrà per sempre accanto al padre, immersa nella poesia e nel suo giardino. Nel ’33 compone La parola dei muti. Con la 'Notte dei Cristalli' (’38) Berlino affonda nel terrore verso la ‘Soluzione Finale’. Tutti i fratelli Chodziesner sono al sicuro ma Gertrud non vuole lasciare Berlino né il padre. Dal luglio ’41 lavora come forzata in una fabbrica di Berlino, scampando alla deportazione perché giudicata una forza lavoro indispensabile. Il padre, deportato a Theresienstadt, vi morirà. Alla fine del ’42, viene trasferita in un’altra fabbrica berlinese. Muore ad Auschwitz nel marzo ’43.

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