Edith Södergran è fra i massimi poeti svedesi del Novecento. Nacque nel 1892 a San Pietroburgo da genitori finlandesi appartenenti alla minoranza di lingua svedese e di estrazione sociale borghese. Cosmopolita, cólta in parecchie lingue, fu costretta ad interrompere gli studi regolari nel 1908, quando si ammalò di tisi. Cominciò allora una dolorosa odissea in sanatori finlandesi e svizzeri, ma la rovina economica, sopraggiunta con la Rivoluzione d’Ottobre, gli stenti e il duro isolamento, cui fu obbligata dalla povertà e dalla malattia, affrettarono la fine della Södergran, che morì nel giugno del 1923, a Raivola (Carelia). Fra le sue opere maggiori troviamo Poesie (1916), La lira di Settembre (1918), L’altare delle rose (1919), L’ombra del futuro (1920) e, postuma, La terra che non è (1925) – testi di una poesia nuova per visionarietà e usi del ritmo libero, e dei cui originali aspetti l’autrice stessa ebbe a dire, nella nota alla Lira di Settembre: "Che il mio poetare sia poesia nessuno può negarlo, che sia verso non voglio pretenderlo. Ho cercato d’infondere un ritmo a certe recalcitranti poesie; e ci si rende conto che possiedo la forza della parola e dell’immagine solamente in piena libertà, cioè a spese del verso. Le mie poesie sono da prendere come disegni trascurati. Quanto al contenuto, lascio che il mio istinto fabbrichi ciò che il mio intelletto vede in un’attitudine d’attesa. La mia sicurezza dipende dal fatto che ho scoperto le mie dimensioni. Non merita farmi minore di quanto io sia".
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