Alfonso Gatto (Salerno, 1909 – Orbetello, 1976) nel ’26 si iscrive all’Università di Napoli, prima a Giurisprudenza, poi a Lettere, senza mai laurearsi. Grazie allo zio Saverio, scultore, entra in contatto con molti intellettuali e nel ’32 pubblica presso la Libreria del 900 Isola, mélange di liriche e prose, che gli farà ottenere una collaborazione all’«Italia Letteraria», a «Circoli» e all’«Ambrosiano». Nel ’34 si trasferisce a Milano, dove subirà la prigionia a San Vittore come sovversivo, e nell’autunno del ’37 a Firenze per collaborare alla terza pagina del «Bargello»; pochi mesi dopo fonda con l’amico Pratolini il quindicinale «Campo di Marte». L’editore Guanda dà alle stampe la sua prima raccolta di soli versi, Morto ai paesi, mentre per i tipi della editrice Panorama escono nel ’39 le Poesie. Durante la guerra collabora a varie riviste (fra cui «Primato», «La Ruota», «Letteratura»), continua la sua attività di critico d’arte, curando il Bollettino della Galleria L’Annunciata di Milano, e diviene militante del Partito comunista. Portano il segno dell’esperienza di guerra le raccolte poetiche L’allodola, L’amore della vita, Il capo sulla neve (quest’ultime due confluite nella Storia delle vittime del ’66) e le prose di La sposa bambina, La spiaggia dei poveri, La coda di paglia, nonché la fiaba in versi Il sigaro di fuoco. Le opere successive vennero tutte pubblicate da Mondatori: La forza degli occhi (’54), Osteria flegrea (’62), Carlomagno nella grotta (’62), Rime di viaggio per la terra dipinta (’69), Poesie d’amore (’73) e infine le liriche di Desinenze (’77), pubblicate postume.
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