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Collana «I quaderni di via del Vento»
volumetto n°34





Paul Gauguin, "Sono un selvaggio"
a cura di Susanna Mati
, pag. 32, ISBN 8887741255

Euro 4,00

IN SINTESI

Brani di prose memoriali e brani scelti dalle lettere del grande pittore a delinearne un’autobiografia suggestiva.



UN ASSAGGIO

«Decisamente il selvaggio è migliore di noi. Ti sei sbagliato un giorno dicendo che avevo torto a dire che sono un selvaggio. Perché è vero: sono un selvaggio. E i civilizzati lo presentono: perché nelle mie opere non c’è niente che sorprende e disorienta se non quel "selvaggio-mio-malgrado". Per questo è inimitabile. L’opera di un uomo è la spiegazione di quell’uomo.».









L'AUTORE

Paul Gauguin nasce il 7 giugno 1848 a Parigi, ma trascorre con la famiglia l’infanzia in Perù, terra della nonna materna. Rientrato in Francia nel 1855, dopo la morte della madre (1867) viene affidato al fotografo e collezionista d’arte Gustave Arosa. Impiegato in un’agenzia di cambio, conduce per anni una vita borghese, sposando la danese Mette Sophie Gad da cui avrà cinque figli. Conosce Pissarro e Cézanne e partecipa dal ’79 alle mostre degli ‘impressionisti’, dipingendo dopo il lavoro, che in seguito ad una crisi finanziaria abbandona; la moglie torna a Copenaghen con i figli. Nel 1886 parte per Pont-Aven, in Bretagna dove incontra il pittore Emile Bernard col quale dà vita al ‘simbolismo sintetico’ e dove, dalla colonia di pittori francesi e stranieri, viene subito considerato un punto di riferimento. Nello stesso anno torna a Parigi dove incontra Vincent van Gogh. Nel 1887 è a Panama e in Martinica; l’anno seguente allestisce una mostra grazie a Théo van Gogh, fratello di Vincent, e in ottobre dietro pressante invito raggiunge quest’ultimo ad Arles in Provenza. Dopo due mesi di difficile convivenza torna a Parigi. Nel ’91 parte per Tahiti. Durante questi anni, e fino alla morte, vivrà sempre con pochi mezzi e in precarie condizioni di salute. Del ’92 è lo scritto Noa-Noa; l’anno seguente torna in Francia, convivendo con una mulatta a Parigi, dove gli amici celebrano un banchetto in suo onore presieduto da Mallarmé. Nel ’94 torna in Bretagna ma dal ’95 parte definitivamente per Tahiti dopo aver contratto la sifilide. Dopo la morte della figlia favorita i rapporti epistolari già saltuari con la moglie si interrompono. Lavora in modo febbrile ai suoi dipinti tropicali; nel ’97 tenta il suicidio con l’arsenico. A Tahiti pubblica un giornale di denuncia degli abusi compiuti dalle autorità sulle popolazioni locali, combattendo le missioni cattoliche e il sistema di potere, lotta che proseguirà alle isole Marchesi, dove si trasferisce nel 1901 e dove la sua salute peggiorerà portandolo alla morte l’8 maggio 1903.

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