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Stig
Dagerman,
L’uomo che non voleva piangere.
A cura e traduzione di Marco Alessandrini. pag.
36, ISBN
978-88-6226-075-6
Euro
4,00 (ESAURITO)
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L’AUTORE
In Svezia, a Norrgärdet, sul limitare di una foresta, il 5 ottobre 1923 nasce Stig Jansson (si ribattezzerà poi Dagerman). La madre, ventiduenne, è lì da un mese, ospite della famiglia del compagno, operaio ventisettenne a Stoccolma. Non sono sposati. Lei parte due mesi dopo; Stig la rivedrà a vent’anni. Cresciuto con i nonni paterni, undicenne raggiunge il padre, ora assunto dal Comune e sposato con un’altra donna. A legarli, l’anarco-sindacalismo: diciannovenne, per il quotidiano militante Arbetaren edita commenti in forma di poemi satirici. Nel 1943 sposa la diciannovenne Annemarie Götze, esule anarchica tedesca. Del 1945 il romanzo di esordio Ormen (Il serpente), impregnato di angoscia, terrore, senso di colpa. Immediata la fama. Segue De Dömdas Ö (L’isola dei condannati), allucinata allegoria. Paragonato a Faulkner, Kafka, Camus, è tra gli autori svedesi detti Fyrtiotalisterna (Scrittori degli anni ’40). Redige reportages dalla Germania, raccolti nel 1946 sotto il titolo Tysk Höst (Autunno tedesco). Tra il 1947 e il 1949, i racconti di Nattens lekar (I giochi della notte), i drammi (tra cui Den dödsdmde, Il condannato a morte), i romanzi Bränt barn (Bambino bruciato) e Bröllopsbesvär (Pene delle nozze). È il successo. Ma il senso di inadeguatezza e la depressione ora bloccano la scrittura. Lascia la moglie. Sposa l’attrice Anita Björk. Del 1952, il monologo Il nostro bisogno di consolazione. Si uccide il 5 novembre 1954, asfissiato in garage dai gas di scarico dell’auto.
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